"Non c'è niente di più facile che condannare un malvagio, niente di più difficile che capirlo."
Questa frase di Dostoevskij in calce a uno dei capitoli del libro può essere considerata la traccia del saggio scritto dallo psichiatra americano Robert Simon e pubblicato da Raffaello Cortina Editore: entrare nella mente di coloro che compiono atti criminali per comprenderne il percorso evolutivo che li ha portati a infrangere le regole della civiltà e della legalità. Secondo l'autore, infatti, i pensieri di odio, sfruttamento, crudeltà, dominio e violenza che albergano nella psiche degli assassini seriali sono comuni a molte persone, che li covano in silenzio senza mai osare metterli in pratica, perché in loro scattano meccanismi di autodifesa che ne impediscono la realizzazione concreta.
Il metodo proposto da Robert Simon per addentrarsi nei labirinti mentali dei "cattivi" è quello dell'empatia, cioè dell'immedesimazione nelle fantasie e nell'immaginazione dei criminali, un metodo che rivela sorprendentemente come spesso i "buoni" abbiano fantasie analoghe a quelle di chi delinque, cioè sognino di fare ciò che i "cattivi" sovente mettono in pratica. La differenza consiste solo nel grado di intensità delle fantasie, che nel caso di coloro che commettono atti criminali raggiunge una tale veemenza da rendere impossibile al soggetto sottrarsi alla loro attuazione. Il punto di partenza dell'autore è che le persone "cattive" possano apparire molto simili a noi nella vita quotidiana poiché la psicopatologia include anche i caratteri della normalità, così come la normalità, ovvero la salute mentale, include anche l'accettazione di una dose di malattia o di follia.
"La tesi che fra buoni e cattivi esista soltanto una distinzione sottile è difficile da accettare per molte persone. Per alcuni di coloro che si considerano buoni, l'idea stessa è infamante. Tuttavia, ritengo che la convinzione che noi siamo esseri buoni e che la malvagità esista soltanto all'esterno sia puramente illusoria, un'illusione che però alimenta il motore del pregiudizio e della discriminazione ... Nel corso del libro cerco in svariati modi di trovare una risposta a un interrogativo difficile, se non impossibile: perché i cattivi fanno ciò che i buoni si limitano a sognare?... Il libro, infatti, si fonda sull'idea che, una volta che avremo riconosciuto come non esista un abisso a separare i "buoni" dai "cattivi", saremo in grado di guardare adeguatamente dentro noi stessi, anziché all'esterno [perché] ... i demoni dell'uomo prosperano nell'oscurità. Fare luce su di essi è certo un compito arduo. Tuttavia la quintessenza della natura umana è proprio la capacità di riflettere su noi stessi, di svelare e comprendere i nostri demoni, per imbrigliarli e utilizzarli in modo proficuo. I criminali non sanno farlo: sono incredibilmente carenti riguardo a capacità di autoriflessione e autocontrollo."
Questo passaggio, tratto dall'introduzione, chiarisce definitivamente i motivi di questo lungo viaggio nell'inferno della mente umana popolato da psicopatici, stupratori, serial killer, guru religiosi che si fanno carnefici dei propri adepti e impiegati ultra quarantenni che, in preda a un raptus di follia generato dall'angoscia di una condizione senza prospettive, si trasformano in macchine assassine e sterminano colleghi e datori di lavoro. L'autore introduce e svolge ogni tappa di questo percorso utilizzando numerosi esempi frutto della sua esperienza professionale, riguardanti sia coloro che hanno commesso azioni sinistre, sia coloro che le hanno subite, divenendo vittime di una violenza tanto brutale quanto, all'apparenza, ingiustificata.
Uno dei capitoli più interessanti del libro è dedicato a quel genere di abusi messo in atto dai "professionisti dell'aiuto", una categoria che comprende avvocati, ecclesiastici, insegnanti, medici, psicoterapeuti e tutti coloro che forniscono una prestazione di tipo assistenziale ai propri pazienti: un tipo di crimine particolarmente odioso perché sfrutta, e tradisce, il capitale di fiducia che ogni persona in difficoltà ripone nell'operatore a cui si rivolge per tentare di superare un momento di crisi. Purtroppo, chi mette la propria mente nelle mani di un professionista ha la tendenza ad abbassare la soglia di attenzione e di diffidenza che ognuno di noi prova di fronte ad un estraneo, finendo per trovarsi in una situazione di grande vulnerabilità psicologica. Così accade che coloro i quali cercano aiuto si trovino sospinti, senza accorgersene, in una condizione di dipendenza psicologica fino ai limiti della schiavitù, che può condurli a uno stato di disperazione e al suicidio.
Il fatto che questo tipo di abusi, che negli Stati Uniti pare siano molto frequenti, siano commessi da persone rispettabili, cioè regolarmente abilitati all'esercizio della loro professione, induce a riflettere su quanto potenti siano i demoni interiori che albergano in ogni individuo, se sono capaci di spingerlo a compiere atti criminali infamanti non appena le condizioni esterne lo consentono, e dimostra come i limiti imposti dalla società al comportamento umano siano molto più labili di quanto non appaiano nella realtà.